Una volta costruito, ebbe più importanza come minaccia nei confronti della città che come difesa verso l’esterno. Era lo strumento della dominazione straniera, di Milano, della Francia, del Monferrato; il famoso governatore francese Boucicault gli diede, agli inzi del 1400 vera e propria forma di castello turrito. In seguito non si fece che costruire, ampliare nuove torri, erigere mura sempre più grosse. Esistevano cave sotterranee congiungenti San Siro e il palazzo dei Dogi.
L’odio della popolazione, spesso cannoneggiata da lassù, era ben giustificato: quattro volte fu demolito il Castelletto e altrettante volte riedificato.
La costruzione dei forti sulle alture poco distanti gli tolse importanza, ma si trovò modo nel 1800 di edificarvi ancora una volta una fortezza, diventata subito incubo dei genovesi e nominata “castigamatti”. La sua demolizione è del 13 agosto 1848.
Ora dal Castelletto si gode soltanto il panorama.
D’obbligo citare Caproni, riprendendo a caso, ma non troppo, da “Litanìa”:
Genova mia città intera.
Geranio. Polveriera.
Genova di ferro e aria,
mia lavagna, arenaria.
Genova città pulita.
Brezza e luce in salita.
Genova verticale,
vertigine, aria scale.
Genova che mi struggi.
Intestini. Caruggi.
Genova e così sia,
mare in un’osteria.